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Egitto, Il Cairo – Mistero fitto sulle presunte “monete egiziane”
15 ott 2009

scritto da Martina Calogero.







La notizia della scoperta di alcune monete egiziane raffiguranti il nome e l’immagine di Giuseppe,
figlio di Giacobbe, e custodite tra i reperti non ancora classificati
presso il Museo d’Egitto del Cairo, ha sollevato le riserve di due
archeologi evangelici. Il professor Steven Ortiz,
docente di archeologia e contesti biblici del Southwestern Baptis
Theological Seminary di Fort Worth in Texas, ha spiegato che gli
esperti dovranno riconsiderare l’intero rapporto e le immagini dei
reperti per riuscire a presentare un giudizio sui manufatti in
questione. Il professore crede che questi reperti siano articoli di
gioielleria o amuleti e sottolinea che le prime informazioni diffuse
cercano un riferimento nei versi del Corano che citano monete collegate
alla figura di Giuseppe senza basarsi su uno studio completo degli
oggetti.


Il primo articolo sull’argomento è apparso sul giornale “Al Ahram”
del Cairo, mentre successivamente è comparso un pezzo sul “Jerusalem
Post” che dipende dalla traduzione che il Middle East Media Research
Institute ha fatto dell’articolo originale. Il “Jerusalem Post” ha
dichiarato che l’importanza della scoperta risiede nel fatto che i
ricercatori hanno scoperto una prova scientifica che contraddice la
tesi proposta da alcuni storici secondo i quali nell’antico Egitto le
monete non venivano impiegate nel commercio, che avveniva per mezzo del
baratto.


A quanto dice il Middle East Media Research Institute, in un primo
tempo si pensava che i reperti fossero amuleti, ma grazie a uno studio
più approfondito si è scoperto che i manufatti recano il loro valore e
l’anno nel quale vennero coniati. Inoltre, l’esame ha rivelato che
alcune monete risalgono all’epoca della permanenza in Egitto di
Giuseppe e recano la sua immagine e il suo nome.


Questa scoperta ha portato gli esperti a cercare nel Corano i versi
che parlano di monete utilizzate nell’antico Egitto. Lo studioso
dell’Università di Memphis, Robert Griffin, esperto
di storia egiziana, ha affermato di non poter esprimere una valutazione
completa senza vedere i reperti o prendere in esame la relazione dei
ricercatori e si è dichiarato contrario alla divulgazione della
scoperta. Lo studioso ha spiegato di essere scettico poiché
l’interpretazione dei manufatti in questione come monete risulta molto
soggettiva.


L’articolo uscito su “Al Ahram” riporta che le monete risalgono a
periodi diversi e che tra di esse ve ne sono alcune che recano segni
diversi e sono databili all’epoca di Giuseppe. Tra di esse ve n’è una
che reca un’iscrizione e l’immagine di una mucca, che rammenta il sogno
del faraone delle sette mucche magre e delle sette mucche grasse.
Robert Griffin spiega che una delle più popolari divinità mitologiche
egiziane era Hathor, raffigurata da una mucca oppure da una donna con
indosso una corona cornuta. L’esperto sostiene che questa divinità era
conosciuta molto bene negli ultimi anni del Regno Medio e del Secondo
Periodo Intermedio, periodo che coincide con quello del soggiorno di
Giuseppe.


Il giornale “Al Ahram” ha riportato che su questa moneta compaiono i
caratteri geroglifici che corrispondono al nome di Giuseppe, scritto
sia in ebraico sia in egiziano. Griffin pensa che sarebbe interessante
visionare in prima persona l’iscrizione della moneta che i ricercatori
fanno corrispondere ai nomi di Giuseppe.


Considerando quanto si conosce per ora, Griffin dichiara che avrebbe
avuto alcune perplessità nell’affermare che gli oggetti in questione
costituiscano una testimonianza inequivocabile del soggiorno di
Giuseppe in Egitto.

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